La scienza dietro alla dieta giusta: perché la dieta non funziona

17, sono gli anni che mediamente una donna trascorre a dieta. 126, sono le diete che una donna fa nella propria vita. 5 su 100, sono le persone che mantengono nel tempo il cambiamento di peso raggiunto con la dieta, qualsiasi essa sia.

Vorrei partire dallo sguardo comune che ogni persona è unica e così lo è ogni percorso di cura: come ci sono 95 persone che inizieranno a saltare da una dieta all’altra, così ci sono 5 persone che invece si sentiranno bene in quella scelta. Ogni esperienza è valida.

Qui però voglio rispondere alla domanda frequente “Esiste la dieta giusta? E come trovo la mia?” portando la parte più scientifica, da ex ricercatrice. E guardando insieme cosa la scienza e gli studi ci dicono su dieta, salute, peso.

In ogni caso, lo scopo non è mai quello di convincere che una strada nel cibo sia più giusta di un’altra per la persona (o per te): lo scopo è quello di portare conoscenze, consapevolezze, dati scientifici in sfere spesso poco narrate e conosciute. Perché ogni scelta nel cibo e nel corpo, qualsiasi essa sia dieta o meno, possa essere quanto più libera e autonoma possibile. Oltre ogni giudizio e senso di giusto-sbagliato.

Cosa succede dentro al corpo, quando siamo (o vorremmo essere) a dieta

Era il 19 novembre 1944, la Seconda Guerra Mondiale stava per concludersi e uno degli studi scientifici più famosi stava per iniziare: il Minnesota Starvation Experiment.

Ancel Keys, un professore dell’Università del Minnesota e consulente del dipartimento di guerra, decise di studiare gli effetti di sei mesi di restrizione nutrizionale. In quel momento, lo studio avrebbe aiutato a contrastare la malnutrizione dovuta alla guerra.

Senza saperlo però, questo studio avrebbe aperto la strada ad altri centinaia di studi dedicati a comprendere gli effetti del controllo del cibo (da una vera e propria carenza, ad una classica dieta ipocalorica). 

Già durante quel famoso esperimento, e poi negli studi che hanno seguito fino ad oggi, quello che la scienza racconta è che il corpo di fronte al controllo del cibo entra in allarme

Il cibo è, infatti, per noi un bisogno di base per la sopravvivenza. Come bere o dormire. Quando il corpo percepisce il rischio di una sua carenza, attiva una serie di cambiamenti fisici e psicologici con lo scopo di stimolare la persona ad aumentarne il consumo. E così tornare in una situazione “di sicurezza”.Insomma, il nostro corpo è programmato per proteggerci.

Come capire se il nostro corpo “si sente a dieta”?

Prima di entrare negli effetti psico-fisici di una dieta, è importante capire cosa si intende per "controllo del cibo”. Dal punto di vista scientifico si parla infatti di restrizione, la quale può essere:

  • calorica quando le calorie introdotte sono minori di quelle di cui abbiamo bisogno (quello che succede in una classica dieta ipocalorica)
  • cognitiva quando abbiamo il pensiero di dover controllare e regolare il cibo, cosa che può avvenire anche se non stiamo seguendo una dieta vera e propria

Il primo punto importante è proprio questo: possiamo vivere gli effetti di una restrizione anche quando non stiamo seguendo un piano dietetico (o non riusciamo a farlo). Ad esempio se abbiamo la preoccupazione di regolarci di più nel cibo: magari è meglio se evito la colazione dopo la cena di ieri, forse è meglio se mangio solo verdure visto che stasera mangerò fuori…

Il secondo punto importante è che non possiamo capire se siamo in restrizione guardando il nostro peso: potremmo in realtà essere lontanə dai nostri bisogni pur non ritenendolo possibile (per i filtri su cibo e corpo fatti nostri dal mondo, ad esempio l’idea che se abito un corpo grasso sto sicuramente esagerando o sbagliando nel cibo). 

Ma di questo parleremo meglio più avanti.

Quali effetti possiamo vivere, nel corpo e nella mente?

Tornando agli effetti “di allarme“ attivati dal corpo, a livello fisico alcuni sono (te li elenco così che tu possa provare ad osservare se ne riconosci alcuni in te stessə, ad oggi o in passato):

  • diminuzione del metabolismo
  • alterazione della regolazione di fame e sazietà
  • cambiamento degli equilibri ormonali
  • su e giù del peso, detto weight cycling o effetto yo-yo, con conseguenze a lungo termine sulla salute cardiovascolare, articolare, neurologica…

Alcuni di quelli a livello più psicologico ed emotivo sono invece:

  • percezione di cibi “buoni” e “cattivi”
  • pensieri continui sul cibo, anche fuori dai pasti
  • aumento del bisogno di masticazione (spesso con chewingum e simili)
  • peggioramento dell’umore
  • abbassamento dell’autostima
  • peggioramento del rapporto con il proprio corpo

Riprendendo le parole dello stesso Ancel Keys nel raccontare quei mesi di studio: “Il cibo divenne l’argomento centrale della conversazione, costantemente intrusivo dello stato di essere consapevoli. Il pensiero coerente e creativo diventò alterato. Il tempo impegnato per la ricerca del cibo aumentò a spese dello svago”.

Il pendolo e il circolo della dieta

“Dovrei avere più forza di volontà, regolarmi un po’”.

Questa guida nasce anche per riscrivere l’idea introiettata dal mondo che la chiave nella dieta sia la forza di volontà, l'impegno.

Dopo aver esplorato i cambiamenti psico-fisici “di allarme”, è più facile iniziare a capire come nella maggior parte dei casi l’insostenibilità di un piano non abbia nulla a che fare con la volontà. Bensì sia una spinta naturale e biologica di… protezione.

In risposta agli effetti indotti dalla restrizione, infatti, spesso ci si trova a vivere quello che viene chiamato il pendolo restrizione-perdita di controllo.

Immagina che mese dopo mese cresca il senso di fame, il bisogno di cibo, i pensieri continui anche fuori dai pasti, la voglia incontenibile di masticare qualcosa. Intreccia questo ad un umore che fa sempre più su-giù e ad un rapporto con il corpo sempre più difficile.

Il risultato è un continuo altalenarsi (da qui il nome pendolo) di momenti di controllo nel cibo, quelli in cui la sensazione è “Sto mangiando bene, sto riuscendo a seguire la dieta”,  ai momenti di perdita di controllo, spesso vissuti come “Ho ceduto, ho sgarrato, ho esagerato”.

Un altro concetto che aiuta a capire perché la dieta non è sostenibile nel tempo, oltre che spiegare alcune sensazioni che puoi aver vissuto, è quello del circolo della dieta o circolo del dieting:

  • La persona, sotto le pressioni del mondo (salute, magrezza, bellezza, grassofobia…), decide di iniziare una dieta.
  • Inizialmente segue la dieta scrupolosamente. e spesso perde peso.
  • Ad un certo punto però diventa sempre più difficile seguire le indicazioni, per le risposte “di sicurezza” del corpo viste prima, e la persona interrompe la dieta.
  • Piano piano la persona recupera una parte o tutto il peso perso, e trova sempre più difficile tornare a vivere il cibo con leggerezza e libertà, senza timori.
  • Fino a quando il pensiero di una nuova dieta torna, e il circolo ricomincia.

Quindi tutto questo accade anche se si desidera mangiare vegano e altre scelte simili?

Immagina di essere una persona che al mattino si alza all’alba, senza sveglia. Che si sente ricaricata, energica, felice… perché semplicemente questo la fa stare bene. Forse è così da sempre, forse solo negli ultimi anni. Fatto sta che ad oggi sei una mattiniera naturale.

Ora immagina di essere una persona che al mattino avrebbe bisogno di riposare di più, che rimanda mille volte la sveglia. Al contrario la sera hai mille idee, voglia di fare… insomma viene fuori tutta la tua energia.

Svegliarsi presto è sempre una costrizione, o può essere una scelta di benessere?

Dipende, per la prima persona è più probabile che sia una scelta di benessere perché allineata ai suoi bisogni psico-fisici. E viceversa per la seconda, quella più “notturna”.

Lo stesso vale nella sfera del cibo.

Ci sono scelte, come avere un’alimentazione vegetale o più banalmente non mangiare radicchio (prendo questo esempio perché a me proprio non vuole piacere), che nascono dall’ascolto dei nostri bisogni fisici, emotivi, etici. Quella scelta può andare incontro a ciò che noi riteniamo più giusto nel mondo, avvicinarci ai nostri ideali, o anche semplicemente ai nostri gusti personali. E coltivare la nostra salute, se per noi è importante.

Se invece queste scelte sono “forzate dall’esterno”, allora potranno essere una forma di restrizione: iniziare un’alimentazione vegana per dimagrire, evitare i latticini perché “sbagliati” e così via.

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È normale sentirsi un po' persə quando si tratta di capire e ascoltare sensazioni come la fame e la sazietà. L'obiettivo è far sì che diventino una guida spontanea e serena, senza essere un'ossessione o la nuova “bilancia pesa-alimenti”.

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E se sento il desiderio di dimagrire, di cambiare il mio corpo?

Il desiderio di dimagrire è naturale, oggi, in un mondo in cui la bellezza e la magrezza sono così importanti e si legano ad altri aspetti, come la salute e il valore personale.

Non mettere il peso al centro dello sguardo, evita di continuare a rafforzare il circolo vizioso “peso e forma = salute, valore e felicità”, ma è possibile lavorare sul rapporto con il corpo.

Capire perché quel numero è così importante, da dove nasce e come si intreccia al rapporto con il cibo. Iniziare ad andare oltre il peso, per riscoprire il rapporto con il corpo nella sua complessità. Il desiderio di dimagrire potrà rimanere, ma non sarà l’obiettivo o l’unità di misura: questo aiuterà a guardare in modo più consapevole, libero e sereno il rapporto con il cibo e il corpo. Grazie anche ad un lavoro di squadra con una figura psicologica specializzata.

Quindi esiste un modo per prendersi cura del rapporto con il cibo, della propria salute senza restrizione o cambiamento del peso?

Questa è una bellissima domanda e moltə scienziatə hanno provato a trovare una risposta, con studi nei quali si migliorasse il benessere delle persone coinvolte senza diete e senza agire sul peso.

Voglio condividerne uno in particolare con te, che trovo davvero interessante, ma ne esistono molti altri simili a questo.

In questo studio, durato circa 2 anni, sono state coinvolte 78 persone tra i 30 e i 45 anni. I punti in comune più importanti erano il fatto di rientrare nella fascia dell’obesità e di aver già sperimentato numerose diete in passato.

Le persone sono state divise in due gruppi:

  • Il primo gruppo è stato invitato per 6 mesi a seguire una dieta ipocalorica con aumentata attività fisica, con l’obiettivo condiviso di diminuire il peso corporeo.
  • Il secondo gruppo è stato invitato per 6 mesi a seguire un percorso mirato a ricostruire il rapporto con il cibo e il corpo; allenare il senso di fame-sazietà, riconoscere i propri bisogni, scegliere liberamente qualsiasi tipo di cibo e movimento quando desiderato.

In entrambi i gruppi sono stati osservati una serie di parametri di salute. Sia aspetti più fisici come la pressione, il colesterolo, i trigliceridi… Sia aspetti più psicologici come un rapporto equilibrato con il cibo e con il corpo, il livello di autostima, il tono dell’umore…

I risultati hanno mostrato che all’inizio il primo gruppo ha perso peso e migliorato i parametri di salute. Ma al termine dei 2 anni ha recuperato il peso perso superando quello iniziale, e i parametri sono peggiorati

Il secondo gruppo invece ha mantenuto il peso e migliorato tutti i parametri osservati, sia fisici che psicologici, anche oltre i 2 anni. Ossia il secondo gruppo, pur non seguendo un piano o cambiando il proprio peso, ha migliorato notevolmente la propria salute in ogni sua sfumatura.

Ecco quindi che la risposta è sì, è possibile migliorare la propria salute anche senza una dieta.

Questa però è una riflessione davvero complessa e grande, soprattutto in un mondo che educa per una vita all’idea “dimagrire = migliorare la propria salute”. Datti quindi tempo per pensare, lasciar crescere, far nascere domande, cercare risposte.

 

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Sono Giada, dietista non prescrittiva con due anime: una da scienziata e una più umanistica. Nel lavoro queste due metà si intrecciano per ricostruire insieme il rapporto con il cibo e il corpo, libero dalle pressioni del mondo.

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